Implicazioni terapeutiche dell’Arte

“SAPPIATE CHE L’ARTE E’ UN CAMMINO VERSO LA LIBERTA’.
NOI TUTTI SIAMO NATI IN CATENE.
C’E’ CHI DIMENTICA LE PROPRIE
E CHI LE FA INARGENTARE O DORARE.
MA NOI VOGLIAMO SPEZZARLE.
NON CON BRUTALE, SELVAGGIA VIOLENZA:
VOGLIAMO VIA VIA CRESCERE FUORI DI ESSE.”

( RILKE, DIARIO FIORENTINO)

Il Modulo Dipartimento Salute Mentale di Caltagirone-Palagonia dell’AUSL 3- Catania, ha la peculiarità, rispetto agli altri DSM della provincia di CT, di gestire direttamente tutto il processo di cura psichiatrica, dalla Prevenzione, alla Cura e alla Riabilitazione territoriale e residenziale, disponendo di tutti i presidi previsti dal Progetto Obiettivo Nazionale per la salute mentale e cioè:
11 ambulatori su 15 Comuni, di cui due aperti 12 ore su 24 ore dal lunedì al Sabato;
1 reperibilità territoriale ( 2 infermieri professionale e 1 medico dalle ore 20 alle ore 8 e di 24 ore nei giorni festivi);
1 reperibilità ospedaliera notturna e festiva presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) per il trattamento degli acuti nell’Azienda ospedaliera “Gravina” di Caltagirone;
1 Day Hospital (D.H.);
1 Centro Diurno (C.D.) per 15 utenti con servizio mensa e che accoglie anche un laboratorio di arteterapia;
1 Comunità Terapeutica Assistita (CTA) residenziale con 20 posti letto (pl) che è l’unica pubblica in provincia di Catania dove le CTA sono tutte private;
21 Comunità Alloggio (CA) con un massimo di 10 pl, strutture integrate socio sanitarie di competenza del Comune per gli aspetti socio-assistenziali e del DSM per le competenze sanitarie,che accolgono circa 200 persone provenienti da tutta la Sicilia;
5 Gruppi Appartamento (GA) dove abitano e si autogesticono con un supporto di poche ore al giorno 2-5 utenti del servizio. Le Case famiglia e i Gruppi appartamento sono di competenza dei servizi sociali del comune e sono inseriti e integrati nel territorio, luogo dove si svolge la storia di ognuno di noi e luoghi dove spontaneamente hanno preso l’avvio le creazioni artistiche da pare degli utenti sin dal 1986, anno della loro nascita. Caltagirone è stato il primo Comune in Sicilia dove sono sorte le C.A. e per tanti anni anche l’unico.
La peculiarità di prendere in carico le persone con sofferenza mentale e di gestire come servizio in prima persona, senza delegare ad altre istituzioni private, il Progetto terapeutico riabilitativo personalizzato (PTRP), in un rapporto di continuità terapeutica , utilizzando tutte le risorse sanitarie e sociali presenti nel territorio, rende possibile lo stabilirsi di rapporti e relazioni tra una pluralità di soggetti che danno senso e sicurezza alla fragilità della persona ammalata.
Un’altra caratteristica del nostro servizio è rappresentata dal fatto che la riabilitazione sia residenziale che semiresidenziale e territoriale, dunque tutti gli interventi riabilitativi, si svolgono nel territorio e nell’universo del sociale, immersi nel fluire continuo della vita quotidiana e delle storie personali che s’intrecciano aperte agli eventi, ai cambiamenti e agli stimoli che favoriscono la crescita e la maturazione psicologica delle persone.
Possiamo dire a distanza di tanti anni che in ogni C.A. sono sorti atelier d’arte in modo spontaneo, non preventivati, quasi per necessità, per un bisogno impulsivo delle persone, a differenza della CTA e del CD dove queste attività sono state progettate e stimolate dagli operatori. Tutte le C.A. si sono dovute adeguare a questi bisogni e si sono riorganizzate in modo da rendere possibile questa necessità interiore degli utenti.
Circa quattro anni fa è stato realizzato un progetto d’ippoterapia con un protocollo d’intesa voluto anche dal nostro DSM e qualche giorno fa, andando per altri motivi nella struttura dove si svolge l’ippoterapia, ho visto degli utenti che all’aperto, sotto un pergolato, disegnavano e coloravano con pastelli e altro materiale. Il tecnico dell’ippoterapia, signor Branciforti, mi ha raccontato di questo bisogno emerso negli utenti nei periodi di pausa e che a tale scopo aveva organizzato un’atelier improvvisato, comprando tutto il necessaro, e mi ha fatto vedere centinaia di disegni e di dipinti.

Il Disegno, la Pittura, la Musica, il Teatro, la Poesia, la ceramica, sono i linguaggi che vengono utilizzati solitamente dagli utenti del nostro servizio.
L’utilizzo di questi linguaggi espressivi avviene secondo la metodologia dell’arte come terapia e non dell’arte ai fini della diagnosi e della terapia.. Nella prima accezione l’attenzione e l’interesse viene concentrato sul processo creativo, ritenuto di per sé uno strumento terapeutico. L’espressione artistica del paziente non è considerata come mezzo per l’espressione dei conflitti inconsci ( sappiamo che lo è per tutti, ma non lo prendiamo in considerazione avendo prioritariamente escluso tale percorso), ma come strumento per la loro risoluzione e come risorsa di crescita e maturazione personale. Arte dunque che ha già in se nel momento in cui si esprime funzioni terapeutiche e dunque arte come terapia, con lo spostamento del focus dal prodotto artistico, come materiale da interpretare, al processo creativo vero e proprio attraverso cui per mezzo di simboli e metafore la persona esprime le proprie emozioni e la propria cinestesi rafforzando la sua identità e poi successivamente nel confronto e nellala discussione col gruppo riesce a leggere in modo più approfondito il suo prodotto attraverso “gli occhi” degli altri, socializzando e scambiando pensieri, affetti emozioni.
Questa seconda accezione di considerare l’arte come terapia si può far risalire storicamente alla Kramer (1958)
La prima accezione storicamente fa capo a Freud che creò il concetto di patografia e per il quale l’artista “ è un uomo che si distacca dalla realtà poiché non riesce ad adattarsi alla rinuncia del soddisfacimento pulsionale che la realtà inizialmente esige e lascia che i suoi desideri di amore e di gloria si realizzano nella vita della fantasia…e trasforma le sue fantasie in una creazione artistica invece che in sintomi” (“ Precisazione sui due principi dell’accadere psichico”,1911).

L’arteterapia ha una natura multidiscilinare, fa riferimento a una pluralità di approcci teorici e può avere una varietà di applicazioni che si possono sintetizzare in tre grandi aree:
• l’area della terapia ( servizi psichiatrici, ambulatori, neuropsichiatria infantile, servizi per le tossicodipendenze, Pediatria, servizi per anziani affetti dalla malattia di Alzheimer, altri centri per anziani, ecc.) ;
• l’area della riabilitazione (carceri, servizi di riabilitazione neuromotoria e fisica, riabilitazione psichiatrica, Centri diurni, ecc.);
• l’area dell’educazione ( scuole, varie istituzioni pubbliche e private, centri per giovani ed anziani, ecc.).

Noi facciamo riferimento principalmente all’area della riabilitazione psichiatrica.
A Caltagirone, in questi 20 anni di attività riabilitative (1986-2005), l’arteterapia è stata utilizzata in modo non strutturato, come strumento extraclinico, integrata in progetti d’intervento multidisciplinari, ed ha avuto effetti straordinari di benessere non solo sugli utenti ma anche sull’ambiente sociale coinvolto e che, a contatto con le persone con disagio mentale, ha dovuto modificare atteggiamento e pregiudizi, rafforzandosi in esso le istanze di solidarietà che hanno favorito i processi d’inclusione sociale.
Dalla nostra esperienza emerge che l’arteterapia è utile e importante se è inserita in un progetto di cura e di riabilitazione che da senso alla vita, che prevede dei tempi, progetto che cambi realmente la vita della persona malata reinserendola nella società, dandogli un lavoro, una casa, relazioni affettive, sociali, potere contrattuale e diritto di cittadinanza. Con queste finalità l’arteterapia acquista il valore di liberazione e di emancipazione dell’uomo sofferente.
Nelle istituzioni chiuse, che ripropongono la cultura manicomiale, (atelier intraistituzionali, contesti sanitari e medicalizzati, artificiali, lontani dal sociale o ai suoi margini ) l’arteterapia corre il rischio di assumere il significato d’intrattenimento, di una modalità che serve a far passare il tempo e allontanare la risoluzione dei problemi; diventa strumento di oppressione e di angoscia, non di liberazione dal malessere e ben presto viene rifiutata. In questi contesti sanitari lo sforzo dovrebbe essere quello di far diventare l’atelier di arteterapia una porta aperta al mondo e al sociale e stimolare la reimmissione nella vita reale della persona sofferente.

Recentemente gli studi e le ricerche sulla neuroplasticità hanno documentato scientificamente i cambiamenti morfologici e biochimici che si verificano nelle persone con malattie mentale indotti da interventi extraclinici e questo è un motivo di supporto nel fare superare agli amministratori quella visione molto parziale e biologico-riduzionistica della mente, prevalente nella sanità, e che esclude dal suo ambito tutto ciò che non è clinico o farmacologico, ignorando la complessità della mente umana.
Un’altra passo in avanti è stato compiuto dalla ricerca farmacologica con la sintesi dei nuovi farmaci antipsicotici atipici che non presentano più i gravi effetti collaterali dei farmaci precedentemente usati nella cura delle psicosi mentre risultano ancora più efficaci. E’ stata dimostrata per questi farmaci anche una attività di neurogenesi, cioè di miglioramento dello stato trofico cellulare.
Oggi, con le conoscenze e le esperienze acquisite, la cura delle persone che presentano un disturbo psicotico ha un’elevata probabilità di successo, come è emerso dalle recenti ricerche epidemiologiche:
• circa il 30% di guarigione clinica, la persona non presenta più sintomi clinici;
• circa il 40% di guarigione sociale, la persona riesce a condurre una vita sociale normale, lavora, si sposa, anche se ha bisogno di essere seguita da un servizio di salute mentale;
• il 30% presenta una resistenza farmacologica, ma integrando alla terapia farmacologica diversi approcci psico-sociali, si riescono ad ottenere importanti miglioramenti.
Riguardo alle attività svolte nei laboratori di arteterapia i nuovi farmaci antipsicotici atipici si dimostrano utili, non presentando più gli effetti collaterali di tremore, rigidità e deterioramento cognitivo che invece avevano gli antipsicotici tipici.
La condizione basilare per avere successo nella terapia delle psicosi gravi è data dalla capacità del servizio di organizzarsi in modo tale da avere una ricca proiezione territoriale e riuscire a realizzare la presa in carico e la continuità terapeutica per le persone ammalate e dare un supporto alle famiglie.
Con le fotografie abbiamo voluto dare un’idea di come lavora il nostro Dipartimento di salute mentale e della vita che si svolge nei servizi e nelle strutture riabilitative, vita strettamente intrecciate al sociale, alla vita che conducono nel territorio assieme a tutti gli altri cittadini.
Le foto rappresentano momenti di vita quotidiana: a scuola, al lavoro, al mare, i momenti del pranzo, le feste di compleanno, l’estemporanea di pittura, il recital di poesia, la palestra, le gite, ecc.
Questo stile di lavoro di “full immersion” del servizio nel tessuto sociale e nel territorio migliora la qualità della vita delle persone sofferenti, protegge dal rischio dell’emarginazione e del formarsi di stigma e pregiudizi e favorisce non solo la guarigione clinica e sociale delle persone ammalate, ma soprattutto la crescita psicologica e la maturazione dei membri e delle istituzioni della Comunità che, con l’accoglienza al suo interno delle persone affette da malattia mentale, rafforza la cultura della solidarietà e del rispetto della dignità dei più deboli.

Saggio pubblicato nel volume “Guardami dentro, implicazioni terapeutiche e riabilitative dell’arte” a cura di Domenico Amoroso, Gaetano Interlandi e Roberto Strano, 2007, Polyorama editore, con scritti di Ferdinando Scianna, Domenido Amoroso,Pippo Pappalardo,Claudio Mazzeo, Serafina Perra.